La Germania non è più la locomotiva dell’Europa in tema di lavoro, anzi ne è diventata quasi l’inferno per i lavoratori. Non parlo soltanto dei migranti comunitari, tra cui gli italiani, ma per gli stessi tedeschi che si sono visti i loro diritti diminuire anno dopo anno fino all’azzeramento dei diritti.
Qualcuno di noi ha senz’altro sentito parlare della Germania come un posto ricco, dal costo della vita contenuto e salari alti. Un personaggio mediatico (youtuber) che si fa chiamare Lambrenedetto XVI è stato il primo a enfatizzare i lati positivi di questo Paese, la realtà però è ben diversa. C’è stato un momento in cui tutto è cambiato, ovvero quando è stato approvata la legge Hartz IV. Fino a quel momento il sistema del welfare tedesco post unificazione si basava sul già sperimentato (per esempio negli stati scandinavi) sistema che in tedesco si chiamava “versicherungsleistung“. Non esistevano assicurazioni sanitarie private e il reddito minimo veniva garantito a chiunque non lavorasse.
I mini job sono contratti di lavoro al di sotto dei 451 euro mensili. Precedentemente la soglia era a 400 euro. Può sembrare, ed in parte lo è, una forma di “legalizzazione del lavoro nero” ma nei fatti è semplicemente una gara al ribasso delle tutele e dei salari. Al di sotto di quella cifra infatti gli oneri fiscali, l’assicurazione sanitaria (obbligatoria e che si aggira mediamente sui 150 euro mensili) e tutte le forme di tutela contrattuali non esistono per il datore del lavoro. Ricade tutto sul lavoratore che deve riuscire con 450 euro a pagarsi contributi, assicurazione sanitaria, affitto di casa ed eventualmente anche sopravvivere. Ovviamente con la possibilità di essere licenziato senza alcuna possibilità di appello o tutela.
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