Si chiama Roberto Pagani, fa il dottorato in linguistica e codicologia islandese all’università pubblica a Reykjavik (Islanda): “Qui la gente è creativa e rilassata. Sento spesso dire che i giovani italiani non vogliono lavorare. Se venissero pagati e tutelati come fanno qui, con la relativa facilità di assunzione e licenziamento, nessuno starebbe con le mani in mano”.
Roberto ha lsciato il nostro Paese nel 2014, con una laurea in lingue nordiche e in inglese. “Sono andato via quando ho capito che la burocrazia mi avrebbe sempre tarpato le ali. Non conosco molti altri Paesi in cui avrei potuto insegnare all’università già a 25 anni” ha raccontato.
Oggi ha 28 anni e insegna lingua e letteratura italiana, facendo il supplente del docente titolare nei corsi di antico nordico. “Preferisco essere messo alla prova che stare in un sistema a vantaggio dei mediocri” ha affermato Roberto.
La differenza principale tra islandesi e italiani, racconta Roberto, è che i primi provano orgoglio per il loro passato letterario: “In Italia non avevo mai visto nessuno di più importante del presidente della provincia di Cremona, qui mi sono trovato a ricevimenti a cui partecipavano la prima ministra o il presidente”. Hanno anche dei difetti però, “sono molto meno organizzati degli italiani. Non arrivano mai in orario, non pianificano mai se possono evitarlo e improvvisano impazzendo all’ultimo”.
In Islanda, nonostante non manchino gli scandali di lavoratori stranieri sfruttati e sottopagati, “non si teme di perdere il portafogli, dimenticare la porta di casa o dell’auto aperta, perché il tasso di criminalità è molto basso. In più qualsiasi lavoro, nella maggior parte dei casi, spiega Roberto, permette di farsi i weekend a Tenerife o a Londra e comprarsi un iPhone.
Tratto da ilfattoquotidiano.it
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