Archeologa italiana in Iraq: “In Italia problemi insormontabili”

I nostri cervelli non sono in fuga soltanto nei Paesi industrializzati, ma a volte anche in quelli poveri o addirittura in zone di guerra. Licia Romano, archeologa, è nata a Catania e ha 36 anni, già da quando aveva 27 anni diventò responsabile della direzione sul campo della missione italo-irachena ad Abu Tbeirah: sito archeologico di grande importanza per l’Iraq. “Sono precaria e disposta ad andare all’estero, ma vorrei rimanere in Italia”.

La storia dell’archeologa Licia

Con il suo team Licia ha portato alla luce una città Sumerica e un porto del III millennio a.c., il quale consentirà di scrivere un nuovo capitolo della storia della Mesopotamia e della sua civiltà.

Gli amici e parenti di Licia hanno da sempre condiviso e supportato la sua passione racconta, ma da quello che dice la vita dell’archeologo che trascorre mesi all’estero non è semplice: “È scandita da ritmi piuttosto serrati – racconta –. Durante la campagna di scavo la sveglia è fissata alle 4 del mattino. Alle 5 la scorta della polizia archeologica irachena arriva a casa-missione, che si trova nel Parco Archeologico di Ur (la città dove secondo la Bibbia nacque Abramo, ndr) e ci rechiamo sul sito, alla periferia di Nassiriya. Verso le 20 si cena tutti insieme e dopo qualche chiacchiera si va a letto, nel tentativo di guadagnare un buon numero di ore di sonno”.

Secondo Licia l’Iraq è tra i Paesi al mondo più aperti agli stranieri: “Abbiamo condiviso gioie, matrimoni, nascite e sono stata al loro fianco anche nel dolore della perdita di un caro”.

“Le differenze tra Italia e Iraq? Spesso mi viene da pensare a tutti i problemi che sembrano insormontabili in Italia e che improvvisamente diventano piccolissimi di fronte a quanto gli iracheni hanno affrontato e affrontano quotidianamente. La forza con cui il nuovo Iraq e soprattutto i suoi giovani stanno lottando per far rinascere il Paese non può che essere d’ispirazione per noi italiani. Sono e mi sento di certo italiana: sono cresciuta e vissuta in Italia, l’Italia e la Sapienza mi hanno permesso di portare avanti il mio sogno lavorativo e di ricerca. Ma devo ammettere di sentirmi soprattutto europea”.