Abbiamo ricevuto una testimonianza da Stefano, un ragazzo che ha lavorato in Giappone e ora vive nel Sud-Est asiatico dopo il disastro nucleare di Fukushima. Vi lascio alle sue parole.
Nazione di residenza
Giappone
Perché ti sei trasferito/a? Raccontaci il tuo inizio
La mia vita da italiano all’estero ha due fasi.
Abitavo già a Tokyo dal 2004, prima per studio, poi per lavorare come cantante.
Nel 2011, a seguito del disastro nucleare di Fukushima, sono scappato in Corea del Sud con una valigia.
Mi sono abituato a fare il nomade e da allora mi sposto ogni qualche mese.
Insegno italiano online, quindi posso lavorare ovunque sia.
Come sono stati i primi mesi all’estero Stefano?
Adoravo il Giappone e non ho avuto problemi anche grazie alla conoscenza della lingua e alla lauta borsa di studio.
La vita da “sfollato nucleare” è meno comoda ma più interessante perché cambio sempre posto.
Sono appassionato di lingue straniere e spesso parlo la lingua del Paese che mi ospita.
Dato il periodo limitato che passo in ogni città, le interazioni con la gente del posto sono intense ma brevi.
Qual’è il costo della vita?
Personalmente, faccio una vita semplice, in qualunque Paese mi trovi.
Ora tendo a stare nel sud-est asiatico per il basso costo della vita. Vivo tranquillamente con 500 euro al mese.
Quali sono le principali differenze con l’Italia?
I giapponesi hanno un senso civico impensabile per noi. Basta vedere lo stato di una qualunque area pubblica per capire che quello che è di tutti viene tenuto in alta considerazione.
Cosa ti manca dell’Italia?
Il periodo più lungo che ho passato senza tornare è di quattro anni e mezzo. Sarei stato tranquillamente via più a lungo.
Comunque, le città sono infinitamente più belle di quelle moderne che si trovano in Asia. Per non parlare del cibo. Ma posso sempre cucinare.
A quale categoria di italiani consiglieresti la tua destinazione?
Questo stile di vita è l’ideale per giovani indipendenti che vogliono vedere il mondo.
Sicuramente non fa per quelli che sono contenti di stare coi genitori e mangiare le lasagne della mamma.
Soltanto, con la pandemia, fare il nomade non sarà più praticabile per un po’ di tempo.
Grazie Stefano per la tua condivisione!