La Corte D’Appello portoghese ha annullato la validità della misura della quarantena per 4 persone che sono state isolate dopo essere state a contatto con un positivo. Con una sentenza dell’11 novembre scorso il tribunale di secondo grado portoghese si è espresso contro l’Autorità Sanitaria delle Azzorre, confermando la sentenza di primo grado.
L’Autorità sanitaria delle Azzorre, come avviene in Italia, aveva predisposto la quarantena di 4 persone perché in stretto contatto con un positivo. Di queste 4 persone poi solo 1 è risultata positiva al test. Secondo il tribunale portoghese una diagnosi medica è un atto che solo un medico può fare e nessun’altra persone, anche se si tratta di un’autorità sanitaria. Nessuno può essere considerato malato o pericoloso per la salute per decreto legge.
Da ciò il tribunale ha stabilito: “se effettuato senza la preventiva osservazione medica del paziente, senza la partecipazione di un medico certificato dall’Ordem dos Médicos per valutare i sintomi e richiedere i test / esami ritenuti necessari, qualsiasi atto di diagnosi o qualsiasi azione sarebbe stata eseguita la sorveglianza della salute pubblica (come determinare se c’è un’infezione virale o un alto rischio di esposizione, che i termini sopra riassumono) è una violazione di [una serie di leggi e regolamenti] e può costituire un crimine di usurpação de funções [pratica professionale illegale] se queste azioni sono eseguite o dettate da qualcuno che non è in grado di farlo, cioè qualcuno che non è un medico autorizzato [per esercitare la medicina in Portogallo,una laurea non basta,È m u ss sei come il riconoscimento qualificato per la pratica della medicina da una fase di test con l’Ordem dos Médicos]”.
Inoltre, il tribunale della Corte D’Appello ha rilevato che l’Autorità sanitaria delle Azzorre ha violato l’articolo 6 della Dichiarazione universale sulla bioetica e i diritti umani non fornendo la prova che il consenso informato richiesto da tale dichiarazione è stato ricevuto dalle persone sottoposte a test PCR che si sono lamentati delle misure di quarantena forzata loro imposte.
Anche se bastava questa come motivazione la Corte D’Appello portoghese si è spinta oltre.
“Sulla base delle prove scientifiche attualmente disponibili, questo test [il test RT-PCR] non è di per sé in grado di determinare con certezza se la positività corrisponde effettivamente a un’infezione con il virus SARS-CoV-2, e per diversi motivi, due dei quali fondamentali: l’affidabilità del test dipende dal numero di cicli utilizzati; l’affidabilità del test dipende dalla carica virale presente.”
Con riferimento a Jaafar et al. (2020; https://doi.org/10.1093/cid/ciaa1491 ) il tribunale conclude che “se una persona risulta positiva alla PCR se viene utilizzata una soglia di 35 cicli o superiore (come descritto in la maggior parte dei laboratori in Europa e negli Stati Uniti), la probabilità che questa persona sia infetta è <3% e la probabilità che il risultato sia un falso positivo è del 97% ”. La corte rileva inoltre che la soglia del ciclo utilizzata per i test PCR attualmente in corso in Portogallo è sconosciuta.
“Visti i dubbi scientifici espressi dagli esperti, cioè coloro che svolgono un ruolo, sull’affidabilità dei test PCR, la mancanza di informazioni sui parametri analitici dei test e la mancanza di una diagnosi medica sulla presenza di un’infezione o di un’infezione Rischio dimostrato, questo tribunale non può mai determinare se C (il positivo) fosse effettivamente un portatore del virus SARS-CoV-2 o se A, B e D (quelli in isolamento fiduciario) fossero esposti a un rischio elevato”.
Una sentenza bomba in Portogallo, che potrebbe aprire la strada a migliaia di altri ricorsi. Ma non solo, essendo il Portogallo un Paese dell’Unione Europea, è probabile che questa sentenza venga riproposta da qualche altro Tribunale europeo.