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Ingegnere del software a Zurigo. “In Italia attesa infinita per stipendi inadeguati”

Si chiama Pasquale, ha 31 anni e si è laureato a Salerno dove poi ha fatto anche un dottorato. Dopo una breve esperienza al MIT di Boston e a Dublino, oggi lavora come ricercatore in Svizzera: “Alle conferenze scintifiche internazionali vedo una marea di italiani. Mi piacerebbe tornare, ma non credo che andrei al lavoro felice come qui”.

 

Pasquale fa il ricercatore in Svizzera

 

Pasquale quando andava a scuola non aveva mai visto un computer, oggi è invece un ricercatore informatico premiato da Facebook. Attualmente lavora per l’università di Zurigo in un team che cura lo sviluppo dei software e la loro facilità d’uso. “All’Università di Salerno ho avuto un’ottima preparazione, non posso lamentarmi di nulla, adesso voglio creare ponti e collaborazioni tra università internazionali”.

L’esperienza in Svizzera è un post-dottorato: “Da una parte era una naturale continuazione del dottorato a prescindere dalla carriera in Italia, fare un’esperienza all’estero è sempre ben visto. Un’altra ragione era quella economica, non nascondo che gli stipendi viaggiano su due lunghezze diverse”.

La preparazione nelle nostre università è molto buona – commenta – nelle università del Nord Europa gli insegnamenti sono più pratici e preparano in maniera più immediata al mondo del lavoro. Noi usciamo dalle università con un’ottima base teorica, che nel lungo periodo può essere un vantaggio perché permette di essere versatili e adattabili a diversi contesti“. Il problema, semmai, è la mancanza di investimenti nella ricerca: la Svizzera investe il 3,6% del Pil, l’Italia l’1,3%.

Un terzo. “In una qualsiasi azienda svizzera il dottorato viene valutato come una buona posizione d’inizio, in Italia il Phd spesso non ha alcun valore aggiunto rispetto alla laurea“. Si scrive overqualification e si legge “lei è troppo qualificato per questo lavoro”. In Italia lo sbocco principale di una laurea in Informatica è la consulenza, o il trattamento delle basi di dati.

 

I pensieri di Pasquale

 

“Adesso con l’arrivo dei colossi del web qualcosa sta cambiando, ma se il settore della ricerca e sviluppo viene trascurato, non consente di conquistare qualifiche”. Però, spiega Salza, la ricerca si fa, la si fa anche bene: “Alle conferenze scientifiche internazionali vedo una marea di italiani: ci sono ricercatori bravi, ma spesso lo fanno da singoli, non in team come vengono intesi all’estero. Inoltre ci sono pochi fondi destinati alla ricerca”.

“La media dello stipendio di un assegnista di ricerca, che è il corrispettivo italiano di quello che faccio io qui, è di 1500 euro. A Salerno ci vivrei bene, a Milano no. A Zurigo, nonostante il costo elevato della vita, con quel che guadagno posso vivere tranquillo, mettere qualcosa da parte e togliermi qualche sfizio ogni tanto”.

 

 

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