Avviare un’ impresa all’estero risulta sempre più facile grazie alle facilitazioni linguistiche che offrono gli Stati per gli investimenti esteri. Ormai l’inglese è diventata la lingua con cui molti professionisti di Paesi come Cipro, Bulgaria, Austria, Svizzera ed ovviamente Inghilterra cercano di facilitare le consulenze e le pratiche burocratiche.
l’Italia si trova al 66esimo posto. Su 189. La Macedonia è al numero 26. L’Austria al 31, Berna è 30esima. Immaginate una srl italiana che fatturi 500mila euro. Su un utile di 80mila ne versa circa 50mila di tasse e imposte. Senza contare nel corso dell’anno avrà dovuto pagare caro il commercialista (circa 2500€). Versare allo Stato il doppio di quanto paga ai dipendenti. Perdere ore per stare dietro alle lettere dell’Agenzia delle Entrate e perdere produttività per corsi praticamente inutili. Che nessuno può evitare. Visto che l’amministratore ne risponde penalmente. All’estero invece non solo si troverebbe a pagare meno tasse, ma vivrebbe anche l’approccio da buon padre di famiglia da parte dello Stato. Senza dimenticare il macigno della giustizia civile. Per questo, Paesi come l’Inghilterra che hanno sofferto la crisi restano molto più attrattivi di noi.
Londra e Vienna – Chi si sposta da Milano a Londra fa immediatamente un vertiginoso salto nella classifica della Banca Mondiale: si passa, infatti, all’ 11esimo posto del Regno Unito. Se invece prendiamo in esame la possibilità di accedere al credito, dettaglio non secondario per chi mette su un’impresa, abbiamo un passaggio di livello shockante dalla posizione 109 dell’Italia alla numero 1 occupato dai britannici.
Le fasce di tassazione aziendale sono definite da due limiti marginali. Su un profitto inferiore a 300mila sterline si paga il 20% di aliquota; Sopra 1,5 milioni, il 22%. Una curiosità: a Londra solo se si superano le 77mila sterline di reddito si è obbligati ad aprire una Partita Iva. Incentivo sufficiente a far dimenticare il costo del lavoro che è invece abbastanza alto (ma per chi lavora in proprio è il paradiso). A conferma che è la somma dei benefici che va messa in conto.
Il caso di Vienna:
I numeri dell’esodo non sono ufficiali. Parlano di 700 imprese per il solo Veneto trasferite, tredicimila posti di lavoro perduti. Esistono benefici fiscali per l’apprendistato e sull’Ires. L’imposta sui redditi da capitale prevede un’aliquota fissa del 25% e non esistono imposte come l’Irap. In Carinzia servono sette giorni per una concessione edilizia e 80 per un impianto industriale e ci sono finanziamenti fino al 25% degli investimenti in ricerca e sviluppo.
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