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Comprare casa all’estero, è un investimento sicuro ?

Comprare casa all’estero: è un investimento sicuro?

Gli immobili in Italia rappresentano una delle fonti principali sulle quali lo Stato fa cassa in caso di necessità, e dopo l’introduzione di nuove o vecchie tasse l’investimento immobiliare non viene più visto come uno tra i più convenienti.


Questo nonostante l’evidente svalutazione degli immobili, che seppur avvenuta negli anni scorsi, non è tale da invogliare verso questo tipo di investimento, considerato soprattutto che i tempi per un recupero completo dell’investimento stesso, in media, superano un paio di decenni (tra tasse ed imposte al momento dell’acquisto, tassazione sugli affitti, e un livello di rendimento che oscilla tra il 3% e il 6% lordo).

Ma l’Italia rimane un Paese di amanti degli investimenti sicuri, per cui rinunciare alla solidità del mattone non è una ipotesi che in molti prendono in considerazione, e le alternative spingono all’estero. Ma, anche in questo caso, è sempre conveniente investire?

Comprare casa all’estero: solo una questione di tasse e di rendimenti?

Alla base di un qualsiasi investimento ci deve essere sempre una attenta programmazione fatta in base ad una chiara motivazione, per cui bisogna cercare di capire il perché si è decisi a comprare casa all’estero.

Una volta chiarito questo aspetto diventerà più facile individuare i Paesi che meglio si adattano ai propri obiettivi e aspettative. In generale bisogna considerare che in Europa, nonostante le politiche messe in campo da alcuni stati per sostenere la ripresa del mercato immobiliare (come Germania e Gran Bretagna che si confermano anche gli Stati con il più basso regime di tassazione degli immobili), il livello dei prezzi non consente di raggiungere una rivalutazione tale da ottenere un recupero dell’investimento in tempi brevi.




In Germania si aggiunge il problema della scarsa propensione che hanno i tedeschi a cambiare casa, il che rende l’investimento difficilmente liquidabile anche in caso di necessità. Il discorso cambia per la Gran Bretagna, con la possibilità di ottenererendimenti a partire dal 6%, il che rende l’investimento recuperabile in meno di un decennio. E’ però necessario orientarsi su immobili ubicati in zone di prestigio, aspetto, questo, che richiede esborsi iniziali accessibili a pochi.

Cosa valutare nella scelta dell’immobile e del paese estero in cui acquistare casa?

Gli aspetti da valutare in quest’ottica aumentano ulteriormente dato che bisogna considerare:

  • il fattore del cambio (che può rendere più o meno vantaggioso acquistare o vendere in un determinato momento, in combinazione con il livello di rivalutazione messo a segno dal mercato locale);
  • la tassazione sugli immobili (che varia da Paese a Paese);
  • i rendimenti medi del mercato locale (che varia a seconda che si possano sfruttare gli affitti brevi e non);
  • la tassazione in Italia (che varia a seconda che venga scontata una tassazione anche al governo ospitante);
  • eventuali spese di intermediazione e spese di “gestione” (che possono comprendere anche eventuali viaggi e manutenzione).

Ad esempio in Russia la tassazione sulle case è molto più elevata che in Italia (mediamente superiore al 25%) con un rendimento medio dell’8-10%, mentre quella in Usa è più bassa con rendimenti analoghi ma solo se si scelgono zone ad alto tasso turistico.

Agenzia immobiliare o fai da te?

Dovendosi rivolgere ad uno Stato con leggi, tasse e incentivi, praticamente sconosciuti, il fai da te può essere molto rischioso. Inoltre il riferirsi ad agenzie specializzate a livello locale può consentire di effettuare le transazioni in Italia, azzerando o riducendo una buona parte dei costi.

Sicuramente si va incontro ad una maggiore forma di tutela, ma i costi di intermediazione vanno inseriti nel computo dei costi totali, per calcolare il tempo necessario perché l’investimento divenga effettivamente fruttifero. Allo stesso modo è da considerare la tassazione dei rendimenti in Italia, dato che la proprietà di una casa all’estero, e i suoi eventuali rendimenti, vanno comunque inseriti in dichiarazione dei redditi.

 

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