“In Norvegia è possibile vincere un concorso pubblico anche a 56 anni,qui non c’è niente di strano”, così racconta un grafico italiano che si è trasferito da qualche anno.
Oltre al fatto che per noi è strano poter vincere un concorso pubblico a quell’età, ma lo è soprattutto che lo si possa vincere da straniero e senza conoscenze !
Ma parliamo delle gravidanze e della maternità, lo voglio fare con le parole di una donna italiana che si è trasferita in Norvegia, Ludovica :
Ludovica è stata aiutata da un welfare che è davvero come lo raccontano gli articoli e le statistiche sulla qualità della vita. Viene affidata subito a un centro che segue le donne in gravidanza dove può fare tutti gli screening ordinari. Va in ospedale solo per l’amniocentesi, tutto gratuitamente, anche se il sesso del bambino le viene comunicato solo all’ultimo (come stabilito da una norma volta a contrastare gli aborti di genere tra alcune comunità di immigrati extracomunitari). Il parto avviene nel modo più naturale possibile: “Le ostetriche mi hanno aiutato a non fare l’epidurale e a tre ore dal parto, senza neanche un punto, ero già in piedi. Qui c’è una cultura del parto naturale che all’inizio mi spaventava, ma che poi ho potuto veramente apprezzare: il battito del bambino viene ascoltato addirittura con una sorta di trombettina di legno, se fossi stata in Uganda mi sarei spaventata!”. Dopo il parto (in stanza singola e con il papà), i genitori e il bebè vengono accolti in una struttura residenziale: un appartamentino tutto per loro, ma con tutta l’assistenza medica che necessitano. Tornati a casa, la mamma può contare su un’assistenza pratica e psicologica: “È venuta quella che qui chiamano ‘helsesøster’, una ‘sorella della salute’ a consigliarci persino di spostare la stufa e utilizzare una coperta di cotone: è la stessa che segue i bambini da zero fino a diciotto anni per i controlli ordinari e la prevenzione, mandando i bambini da un medico vero e proprio solo quando davvero occorra”.
I soldi del bebè: 200 euro al mese per 18 anni
Oltre ad avere congedi parentali di dodici mesi pienamente retribuiti sia per la madre che per il padre, “che tutti qui prendono perché il controllo sociale è inverso, sembra strano che un padre non si occupi di suo figlio appena nato”; oltre ad avere gli assegni familiari sullo stipendio, anche se sei un lavoratore autonomo (è il caso del marito di Ludovica, geologo con un’azienda di ristrutturazioni edilizie con materiali di qualità), ogni neomamma che non lavora riceve 6000 euro in un’unica soluzione per i bisogni dei primi mesi. Successivamente, nel caso non abbia un lavoro e stia aspettando un posto al nido pubblico (dove agli insegnanti veri e propri si affiancano assistenti di gioco, anche loro stipendiati, perché “qui il lavoro non retribuito è un concetto inesistente”), dai 13 ai 23 mesi può usufruire di un assegno chiamato, ‘kontantstøtte’, di settecentocinquanta euro al mese. Come se non bastasse, lo Stato norvegese versa duecento euro al mese su un conto corrente aperto dai genitori fino ai diciotto anni di vita del bambino: soldi che non possono essere spesi e che andranno direttamente a lui quando è maggiorenne. In più, esiste anche un Fondo per le generazioni future, che sempre lo Stato sta accantonando, per garantire ai nuovi nati una qualità della vita come quella dei genitori. “Non è difficile capire perché ho deciso di far nascere Francesca qui”, racconta Ludovica, che sta studiando intensivamente il norvegese, anche per ottenere la cittadinanza, “e se farò o meno un secondo figlio sarà solo una scelta mia, non dovuta a circostanze sociali che oggi altrove ti impediscono questa scelta ”.