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5 buoni motivi sul perché l’Italia, come l’UK, dovrebbe uscire dalla UE

Uscire dalla UE è possibile, Il Regno Unito lo ha dimostrato. L’Italia a maggior ragione dovrebbe farlo perché sta veramente perdendo moltissimo, l’UK seppure nell’unione ha mantenuto la sua moneta ed è l’unico territorio della UE che non ha firmato l’accordo di Schengen (sulla libera circolazione delle persone). L’Italia invece ha adottato l’Euro (accettando un cambio con la Lira assurdo) ed aprendo i confini senza controllo documenti a chi proviene da altri Stati membri. Vediamo quali sono i 5 motivi per i quali l’Italia dovrebbe uscire subito dall’Unione Europea:

USCIRE DALLA UE, ECCO PERCHE’:

  • I TRATTATI EUROPEI VIOLENTANO LA NOSTRA COSTITUZIONE: L’adozione dei trattati è un’esplicita violazione dei più elementari principi fondanti della nostra Costituzione. Tutto è fuorché un progetto che risponde allo spirito della nostra Carta. Ci si riferisce in particolare all’articolo 1. Il secondo comma recita «La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione». È impossibile non toccare con mano come il potere decisionale sia stato di fatto delegato ad élite tecnocratiche, non elette ed irresponsabili. Come altrettanto evidente e palese è la violazione dell’articolo 11 laddove viene scritto che l’Italia «consente in condizioni di parità con gli altri Stati alle limitazioni (si badi bene non si parla di “cessioni” ma di “limitazioni”) di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni». I Padri Costituenti si riferivano in maniera esplicita ad Organizzazioni transnazionali quali le Nazioni Unite, per garantire la pace nel mondo. Non certo ad un mostro giuridico quale l’Unione Monetaria Europea che addirittura pretende di promuovere o bocciare le leggi di bilancio dei singoli Stati aderenti prima ancora che queste siano presentate al voto dei parlamenti nazionali. E cosa c’è dunque di più anticostituzionale che cedere la propria sovranità monetaria?

 

  • LA CASTRAZIONE MONETARIA: I sostenitori dell’Euro ritengono che sia assolutamente naturale aver conferito ad un’autorità sovranazionale come la Banca centrale europea il diritto di coniare moneta. E ti danno un elenco dei Paesi che non hanno moneta nazionale : Ecuador, Timor est, El Salvador, Isole Marshall, Micronesia, Palau, Turks and Caicos, Isole Vergini Britanniche, Zimbabwe, Benin, Burkina Faso, Camerun, Repubblica Centro Africana, Ciad, Repubblica del Congo, Guinea Equatoriale, Costa d’Avorio, Mali, Niger, Senegal, Togo, Antigua e Barbuda, Dominica, Grenada, Saint Kitts e Nevis, Santa Lucia, Saint Vicent and the Grenadines ecc. Tutti Stati, cioè, con un recente passato da colonia. 

 

  • PERCHÉ NON È VERO CHE SENZA L’EURO I RISPARMI SI DIMEZZEREBBERO: Se vuoi impaurire una persona devi colpirla negli affetti più cari. Il risparmio. Che come sapete può essere investito in molti modi: case, azioni, obbligazioni, oro ecc. E non è certo cambiando la moneta che perderebbero mercato. È solo grazie alla ripresa o alla stagnazione che il valore del risparmio sale o scende. Anzi è proprio con l’euro che in Italia i risparmiatori hanno visto andare in fumo i risparmi di una vita grazie al bailin (anzi Belin! come si dice a Genova). Ne sanno qualcosa gli obbligazionisti di Banca Etruria & C.

 

  • PERCHÉ NON È VERO CHE È IMPOSSIBILE USCIRE DALLA UE: Che l’uscita dalla Unione europea da parte di uno Stato membro sia sempre possibile, lo ha dimostrato, di recente, la Brexit. Ma come funzionano le cose dal punto di vista delle procedure definite dal Trattato di Lisbona? L’articolo 50 del suddetto Trattato ha introdotto una particolare procedura “liberatoria”. Al primo paragrafo viene riconosciuto che «ogni Stato membro può decidere, conformemente alle proprie norme costituzionali, di recedere dall’Unione». Lo Stato, tuttavia, ha l’onere di notificare tale intenzione al Consiglio Europeo. Alla luce degli orientamenti formulati da quest’ultimo, «l’Unione negozia e conclude con tale Stato un accordo volto a definire le modalità del recesso, tenendo conto del quadro delle future relazioni con l’Unione». L’accordo è, infine, concluso a nome dell’Unione europea, dal Consiglio «che delibera a maggioranza qualificata previa approvazione del Parlamento europeo».
    Secondo l’articolo 50, pertanto, uno Stato che intenda uscire dall’Unione dovrebbe negoziare un accordo con quest’ultima attraverso una procedura che, per giungere ad un esito positivo, richiede non soltanto il consenso del Consiglio Europeo, ma anche l’approvazione da parte del Parlamento Europeo.
    Vale la pena, però, notare che il paragrafo 3 prevede che «i trattati cessano di essere applicabili allo Stato interessato a decorrere dalla data di entrata in vigore dell’accordo di recesso o, in mancanza di tale accordo, due anni dopo la notifica di cui al paragrafo 2, salvo che il Consiglio europeo, d’intesa con lo Stato membro interessato, decida all’unanimità di prorogare tale termine». Il recesso non richiede, pertanto, la conclusione dell’accordo previsto dai primi due paragrafi dell’articolo 50: nel caso di fallimento dei negoziati, infatti, i trattati cessano comunque di avere efficacia per lo Stato membro che intenda “uscire” dall’Europa, con il solo limite temporale di due anni dalla notifica dell’intenzione di recedere.
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